Secondo
i dati del 2011 l’Italia ha un
patrimonio pubblico stimato in 1815 miliardi e formato dalle
imprese di proprietà quali Eni, Enel, le Poste, l’Inail, la Consap; dal
demanio pubblico, dalle spiagge, dai monumenti e dalle partecipazioni
di quote azionarie in società quotate in Borsa.
A tutto questo ben di Dio vanno aggiunti altri 889 miliardi per il valore degli immobili
ministeriali, di quelli della
pubblica amministrazione, dei comuni, delle provincie, delle regioni.
Totale 1815 + 889 = 2704 miliardi di euro.
Il debito o pubblico
attuale al 31/7/2015 è di euro 2132
miliardi, e quindi si può fare agevolmente
il calcolo se l’Italia sia o meno sull'orlo del fallimento contabile.
Per
abbattere il debito pubblico alcuni propongono la vendita del
patrimonio pubblico , ma tale proposta va incontro, ci sembra, ad alcune difficoltà,
sia pratiche che economiche per i riflessi negativi sulla liquidità monetaria e la conseguente creazione del tasso di inflazione a due cifre.
Altri invece sono dell’idea che si possa tranquillamente
aumentare il debito senza tener conto dei limiti imposti dal rapporto
defici/pil disciplinati dal trattato
di Maastricht., poiché in linea
teorica non dovrebbero esistere limiti all'espansione del debito pubblico:(
si creano nuove emissioni di debito con
le quali si ottiene nuova liquidità, che serve a rimborsare sia le vecchie emissioni in scadenza che a fare le nuove opere, le riforme e le infrastrutture necessarie al
miglioramento della società).
Sono due visioni
completamente diverse dello stesso problema, che comportano però delle conseguenze
non di poco conto sulla vita economica sociale, familiare e individuale di ognuno
di noi.
Per il fatto di nascere
in territorio italiano oggi come oggi,
ogni nuovo nato in Italia si trova sul gobbo un debito di 33 mila euro,
senza sua colpa , ma semplicemente a causa della vecchia clientelare e corrotta gestione dei conti pubblici statali.
Chiunque può quindi
capire come così non si possa più andare avanti e qualcosa di nuovo e di
intelligente deve essere fatto.
Una soluzione sensata, suggerita da un gruppo di economisti di valore mondiale, sarebbe quella di trasferire tutto il patrimonio
statale in un fondo (Fondo Italia)
suddiviso in quote azionarie ognuna ad esempio del valore di mille euro.
Accadrebbe questo:
Accadrebbe questo:
Chi già possiede dei Bot o Cct dello Stato, questi gli vengono
trasformati in un numero di azioni pari
all'ammontare del suo credito.
Il Fondo Italia, (dotato quindi di una capacità finanziaria di circa 2.700 miliardi di euro) , verrebbe quotato nelle principali Borse mondiali e il valore
delle sue azioni sarà soggetto alle quotazioni di mercato, e chiunque, persona fisica o giuridica, sarà libero di acquistarle o venderle o
specularci sopra, guadagnandoci o perdendoci come qualsiasi altro valore
borsistico.
Così facendo lo Stato non avrebbe
più il possesso delle proprietà attualmente detenute, che diventerebbero di proprietà
dei sottoscrittori delle quote azionarie
del Fondo Italia, ma non avrebbe nemmeno più
sul gobbo quel suo spaventoso
debito pubblico che è come una cappa al
piede per la nostra economia, e quindi i suoi cittadini potrebbero ricominciare a vivere e
programmare il proprio futuro con serenità.
Lo Stato avrebbe
soltanto l’obbligo di vigilare sulla buona amministrazione del Fondo Italia, nominandone gli amministratori scegliendoli
tra personalità oneste e competenti mondiali, e vigilando che nessuno in alcun modo se ne approfitti per usi illeciti o per arricchimento
personale.
In questa proposta nessuno
ci deve guadagnare e nessuno ci deve perdere, se non quelli che possiederanno le quote del Fondo,
come qualsiasi altro prodotto
finanziario soggetto alle aleatorie valutazioni e transazioni di mercato, ma lo Stato Italiano
con questa soluzione portata avanti da valenti economisti si libererebbe in un
colpo solo del fardello del suo debito e farebbe fruttare le sue ex proprietà immobiliari che il
più delle volte non sapeva neppure di possedere e che lasciava lì a marcire nel degrado.
E nulla vieta che col tempo lo Stato italiano, tramite acquisti in Borsa di azioni del Fondo Italia , non possa rientrare in possesso di alcuni beni o Enti che dovesse ritenere di particolare utilità sociale.
Naturalmente la realizzazione di questo piano prevede tempi abbastanza lunghi, (forse un decennio), ma questo scritto è solo una bozza di quanto valenti amministratori ed economisti mondiali stanno suggerendo, per fare in modo che il nostro debito pubblico, da palla al piede diventi per l'Italia una risorsa economica capace di sviluppare pace sociale e ricchezza e lavoro per le nuove generazioni.
E nulla vieta che col tempo lo Stato italiano, tramite acquisti in Borsa di azioni del Fondo Italia , non possa rientrare in possesso di alcuni beni o Enti che dovesse ritenere di particolare utilità sociale.
Naturalmente la realizzazione di questo piano prevede tempi abbastanza lunghi, (forse un decennio), ma questo scritto è solo una bozza di quanto valenti amministratori ed economisti mondiali stanno suggerendo, per fare in modo che il nostro debito pubblico, da palla al piede diventi per l'Italia una risorsa economica capace di sviluppare pace sociale e ricchezza e lavoro per le nuove generazioni.
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