17 agosto 2012

72.2) Proposta per ridurre, subito e di molto, il debito pubblico italiano.




Monti e i suoi ministri non fanno che parlare, promettere, smentire e poi di nuovo promettere, parlare e smentire, ma in realtà essi e il loro governo non stanno facendo altro che fallire il compito per cui sono stati messo lì

Il dovere principale del governo dei tecnici era quello di ridurre il debito pubblico che, come una grossa montagna pericolante e franosa, stava minacciando di cadere addosso all’economia mettendo a rischio perfino la sopravvivenza della nostra nazione.

Ebbene, non solo il debito non è diminuito, ma è addirittura aumentato, ed ha ormai raggiunto la bella cifra di duemila miliardi di euro (4 milioni di miliardi delle vecchie lire:- non si riesce quasi neppure a pronunciarla una cifra simile, immaginiamoci poi a scriverla)
Tutti i trattati di economia sono concordi nel ritenere che una nazione non possa non avere un minimo di debito pubblico, perché altrimenti essa dovrebbe tassare i cittadini all’inverosimile per far fronte agli avvenimenti e alle calamità impreviste , ma dovrebbe cercare di contenerlo entro il massimo del 60% del Pil, mentre ora in Italia viaggia sul 120%

Tradotto questo concetto in parole povere,si può dire che l’Italia dovrebbe avere un massimo di debito pubblico pari a 1.000 miliardi di euro per poter vivere tranquillamente .
Quindi il debito pubblico italiano deve essere ridotto al più presto di circa mille miliardi
Come fare? .
il governo Monti, ha presentato un piano straordinario di vendita dei beni non strategici dello Stato ( quali industrie, beni demaniali etc.) attraverso il quale si dovrebbero ricavare 20 – 30 miliardi annui di entrate da utilizzare per la riduzione del debito.
Ma per arrivare a ridurlo di mille miliardi a questo ritmo, se tutto va bene ci vorranno non meno di 50- 60 anni, e l’economia italiana non può sopravvivere ad un periodo di crisi così lungo.

Ci vogliono quindi strumenti e idee nuove per la riduzione del debito pubblico.
L’economista Guglielmo d’Occam su un quotidiano ha avanzato la seguente proposta, che ricalca una idea del vecchio tesoriere dello stato Andrea Monorchio, cioè di colui la cui firma era stampigliata sulle banconote espresse in lire.
Visto che lo Stato dispone fondamentalmente di tre oggetti da vendere e cioè
- gli immobili pubblici
- le partecipazioni azionarie (dalle quote in Enel, Terna, Fincantieri, Finmeccanica, Sace e Cassa Depositi e Prestiti a quelle nelle aziende Municipalizzate)
- le concessioni pubbliche (dalle autostrade alle frequenze televisive o le lotterie, per non dimenticare le spiagge e gli stabilimenti balneari),
e constatato che tale patrimonio rende poco anche per causa di una burocrazia piena di vincoli e veti che impediscono di attrarre investitori esteri , il buon economista di cui sopra lancia l’idea di valorizzare questo patrimonio pubblico affinché la sua dismissione o vendita possa catturare l’attenzione degli investitori professionali e li induca a scommettre sul rischio Italia.

E come fare a fare tutto ciò in modo rapido e trasparente?

La soluzione potrebbe essere quella di dare vita a un fondo d’investimento (che potremmo chiamare Fondo Italia o similare) al quale lo Stato italiano e le pubbliche amministrazioni conferiscono i propri immobili, le proprie partecipazioni azionarie e i propri diritti demaniali.

Le quote di questo Fondo Italia verrebbero scambiate con gli attuali titoli di stato, eventualmente a condizioni di favore per i detentori di titoli pubblici, e lo scambio, quindi, genererebbe una immediata riduzione del debito pubblico di 500- 600 milardi di euro.

(io Stato italiano do a te, possessore di Bot  per mille euro,  una quota di Colosseo   quotata oggi  in borsa  mille euro:
Tu questa quota di Colosseo nei prossimi giorni la puoi vendere in Borsa a qualcun altro, ricavandone il controvalore, che a seconda della quotazione del giorno dello scambio ti potrà dar un utile oppure una perdita;ma questi sono affari tuoi e non più miei, cioè dello Stato).

Naturalmente la gestione del Fondo Italia dovrebbe venire affidata a una o più società di amministrazione internazionali, il cui compito sarebbe quello di valorizzare i beni confluiti nel Fondo, ovviamenrto a vantaggio e beneficio dei detentori delle quote del Fondo stesso.
In sintesi, non sarebbe necessario attirare nuovi investitori, dato che le quote del Fondo verrebbero assegnate a chi già possiede titoli di Stato.
Né si mancherebbe di correttezza verso questi ultimi, i quali sarebbero chiamati semplicemente a continuare a investire nell’impresa Italia.

Per chi è già possessore di titoli pubblici, la soluzione proposta avrebbe tutta una serie di vantaggi e cioè il possesso diretto dei beni che oggi controlla solo indirettamente in quanto creditore dello stato italiano ed inoltre la gestione dei beni non più affidata a politici e burocrati, bensì a manager di indiscussa professionalità ed infine il beneficio economico, dal momento che l’investitore verrà premiato, prima, al momento dello scambio tra quote del fondo e i titoli di stato posseduti, e successivamente dai proventi della valorizzazione del patrimonio gestito.

Semplicità, equità, rapidità di esecuzione sono quindi tra le caratteristiche apprezzabili di questa proposta per ridurre in modo sensibil il debito pubblico.
E il governo Monti farebbe bene a non snobbarla a ma a considerarla con attenzione, se davvero vuole togliere l’Italia daii’orlo dell’abisso su cui si sta muovendo.




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