2 giugno 2013

43.3) Perché meravigliarsi se i farmacisti dichiarano più dei gioiellieri?

Perché meravigliarsi se i farmacisti dichiarano più dei gioiellieri?




In questi giorni vengono pubblicati sui giornali  e nei tg  i redditi  2011  dei contribuenti, così come da dichiarazione presentata nel 2012.
Si viene così a sapere che in Italia le persone da tutti   considerate ricche ( perché viaggiano su auto da 50 mila euro in su, hanno diverse proprietà immobiliari   e  fanno vacanze  di mesi  nei paradisi esotici) ,  hanno in realtà  redditi da fame mentre invece  i  lavoratori dipendenti e  i pensionati,   con la loro busta paga o pensione lorda da  20- 25 mila euro sono i veri ricchi.
Tutti i commentatori,   mostrando  grande meraviglia,    mettono  in risalto come  le categorie degli autonomi, commercianti, artigiani,  liberi professionisti o per meglio dire  tutti i titolari di partita iva, abbiano dichiarato redditi  minimi  ,  a volte persino   inferiori  alla soglia di sopravvivenza, e come  i dipendenti di tali  ditte guadagnino molto di più dei loro padroni.

Eppure, perché tanta sorpresa  da parte dei  media  , quando ogni persona dotata  di minimo buon senso  è in grado di capire il perché  di queste dichiarazioni false e fasulle ?

Si può notare infatti  che  le uniche  categorie di liberi professionisti  in regola con il fisco  siano  quelle dei farmacisti e dei notai.
Dei notai non  discuto perché non ne so niente, avendo bazzicato nei loro studi se non saltuariamente , ma per quanto riguarda le farmacie il fatto che esse  rispettino le leggi fiscali   non è da ascrivere a  merito  della categoria, bensì alla norma di legge  che invoglia   i loro clienti     a richiedere la fattura o scontrino fiscale  in quanto  possono  detrarne una parte dell’importo  nella annuale successiva dichiarazione dei redditi.
E’ per questa causa, e non perché siano  una categoria fiscalmente   meritoria  che i farmacisti  sono obbligati, su istanza  del cliente, ad emettere la giusta documentazione  e a dichiarare al fisco tutti i loro introiti.

Le altre  sopra citate categorie di  percettori di reddito  invece, non  essendo obbligate ad  emettere fattura su richiesta del cliente, non avendo quest’ultimo convenienza a richiederla per motivi fiscali,  sfuggono al’analisi dei finanzieri  ed arrivano perciò a dichiarare redditi da fame nelle loro dichiarazioni, pur in presenza di uno stile di vita  a volte dispendioso e  sopra le righe.

Naturalmente, chi fa le leggi fiscali (il governo e  i partiti politici in Parlamento)  e chi le deve far eseguire ( la guardia di Finanza),   sono esattamente a conoscenza di   tutti i trucchi legali e delle  agevolazioni  fiscali concesse a tali categorie di  percettori di reddito,  e tuttavia  anch'essi   adottano   atteggiamenti  di meraviglia e  fanno i finti tonti, in questo periodo dell’anno   nel quale vengono pubblicati i dati delle dichiarazioni dei redditi, ma lo fanno solo per  una decina di giorni, trascorsi i quali  tutto torna come prima e i controlli  fiscali, magari intensificati nel frattempo  vengono poi messi nel dimenticatoio.


Eppure sarebbe così semplice, per lo Stato, aumentare le proprie entrate fiscali  ed adottare nel contempo un  meritorio criterio di equità  nei confronti delle categorie di cittadini da sempre tartassate a dismisura,  se    adottasse nei confronti di tutte  le categorie  di  professionisti, artigiani,  commercianti ,  autonomi    e titolari di  partita iva,  lo stesso principio fiscale  messo in atto  per le farmacie, e cioè l’introduzione del concetto di  “ conflitto di interesse”  per il quale  il cliente   si fa carico di richiedere la fattura o lo scontrino fiscale,  perché lo può parzialmente detrarre   dalla sua dichiarazione dei redditi.

Sarebbe  una grande riforma a costo zero, ma dalle  notevoli  risorse  in entrata , (e per uno Stato  in perenne  ricerca di   soldi  , non è  cosa da  poco)   che darebbe inoltre  ai cittadini finalmente il senso di una Nazione  che smette di premiare  i furbi e di tartassare  i deboli.

E allora il governo Letta, che dice di voler fare grandi cose, traendo spunto dalle infedeli  dichiarazioni dei redditi, incominci da qui a fare le riforme  e  ci dia finalmente una legislazione fiscale equa facendo pagare il giusto ad ogni cittadino e  smettendo di credere alle favolette raccontate da alcuni di loro. 

sullo stesso argomento



  • I ricchi pensionati e lavoratori dipendenti, e il povero popolo delle partite iva.



  • Un ministro delle Finanze che dichiara redditi minimi ti invoglia a pagare le tasse? Non mi pare, anzi mi fa venire voglia di evaderle….!.



  • Ma come sarebbe bella una bella patrimoniale!!



  • Due proposte di economia per l’”economista” Monti.



  • Evasione dell’Iva e contrasto di interesse.



  • Speriamo di non diventare troppo ricco.



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    2 commenti:

    1. LA PARTITA IVA – Nel Bel Paese le Partite IVA non si aprono solo per vocazione, ma anche ed in gran parte per disperazione.
      Il disoccupato cronico o il lavoratore dipendente rimasto senza lavoro a causa della fabbrica costretta a chiudere, rifiutando il sommerso, per sopravvivere tenta la via del lavoro autonomo aprendosi una Partita IVA.
      Ne consegue una moltitudine di adempimenti richiesti da enti, per lo più inutili, ed agenzie dello Stato che alimentano un esercito di funzionari ben stipendiati e ben determinati a scovare qualsiasi segno o virgola non in linea coi dettami del potere repressivo, i quali, immuni da responsabilità per le interpretazioni personali dei codici e regolamenti, hanno un gran da fare nel controllare movimenti, obblighi ed anomalie che gravitano intorno ad una Partita IVA.
      Per contrastare cotanto accanimento, un altro esercito composto da commercialisti, consulenti fiscali ed avvocati si nutre in questo calderone di norme, regole e demenziali decreti.
      Al nuovo possessore di Partita IVA, dopo essersi indebitato per aprire la sua attività, ben presto arrivano le prime cartelle di pagamento per tasse ed imposte varie, le quali, mentre nei paesi civili sono da pagarsi solo in proporzione ai redditi conseguiti, nel Bel Paese al contrario, si pretendono dei minimi fissi, eccessivamente gravosi, che sono da pagare sin dal primo giorno di iscrizione anche se, per scarsa esperienza professionale ed economia in recessione, si realizza un reddito da fame o, addirittura, si va in perdita.
      Pertanto, rendendosi conto che gli incassi che riesce a realizzare non bastano a coprire i debiti accumulati, né a pagare tributi e balzelli vari imposti dalle relative autorità e non riuscendo più a sfamare la sua famiglia, il lavoratore autonomo non può fare altro che immergersi in quel sottobosco di attività illecite provocato dall'imponente oppressione fiscale e burocratica.
      Non solo, anche dopo aver cessato la sua attività cosiddetta legale, continua per anni ad essere perseguitato con richieste di chiarimenti, verifiche, aggiustamenti ed esose sanzioni che hanno più il sapore dello strozzinaggio che della legalità.
      Nella storia della Repubblica non c'è mai stata una caccia così spietata allo sfruttamento dei cittadini.
      da COCOMIND.com - La voce del dissenso

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    2. E'un quadro apocalittico quello che tu descrivi, basato attualmente su un potere repressivo fiscale demenziale e vessatorio che impone attraverso gli studi di settore dei guadagni standard per ogni categoria .
      E’ quindi chiaro che l'introduzione generalizzata del"conflitto di interessi" risolverebbe alla radice questa oppressività fiscale perché non tasserebbe più in base a presunti redditi cervellotici, bensì in proporzione a quelli effettivamente conseguiti.
      Tutti noi comunque conosciamo fior di studi di professionisti, nonché studi medici e veterinari dove ad agosto si compila la fattura n. 32 o 33 mentre nelle loro anticamere stazionano in attesa di essere ricevute in media un cinquantina di persone al giorno.
      E sappiamo che lo sa anche la Guardia di Finanza, la quale poi chissà perché, stranamente, alla pubblicazione dei redditi annuali, fa gesti di ampia meraviglia come se i suoi funzionari fossero fino ad allora vissuti sulla pianta, dalla quale è bene che scendano presto, e facciano il loro dovere pretendendo che ad agosto il numero delle fatture emesse sia almeno pari alla metà degli appuntamenti annotati dalla segretaria nel brogliaccio ., perché’ non si va negli studi dei professionisti per passare il tempo o perché fuori di lì ci si annoia a morte, ma per motivi ben precisi che il professionista si fa ben remunerare.
      E così vale per ogni categoria di autonomi ai quali venga versato un corrispettivo in denaro a seguito di un loro intervento.
      Che se il cliente ha interesse a richiedere la fattura, anche lo Stato ci guadagna, ed anche i possessori di partita Iva onesti tassati nei loro veri redditi. .
      In quanto ai disonesti è certo che prima o poi verranno pescati ed allora il loro bel tenore di vita, pur in mezzo a lamentazioni di miseria varie, verrà a cessare.

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